contatti Piccole Inquisizioni. Recensioni Amatoriali: John Grisham, La casa dipinta.

mercoledì 15 febbraio 2012

John Grisham, La casa dipinta.


I braccianti delle montagne e i messicani arrivarono lo stesso giorno. Era un mercoledì dell'inizio di settembre del 1952. A tre settimane dalla fine, i Cardinals erano cinque partite sotto rispetto ai Dodgers e la stagione sembrava perduta. Il cotone, più alto di me, arrivava alla cintola di mio padre che prima di cena bisbigliava al nonno parole che sentivo di rado. Sarebbe stato forse un "buon raccolto".


(John Grisham, La casa dipinta.)




  
Ultimamente non ho scritto nulla e per questo, so di essere decisamente  imperdonabile.
L'influenza e il  mio  conseguente imbottirmi di svariate medicine di colori  differenti come l'arcobaleno,  hanno  generato in me una sorta di "ibernazione" della mia già flebile e lunatica ispirazione.
Sommando poi un mio imminente ( lo ammetto, è a metà marzo, in teoria non sarebbe quindi nemmeno troppo vicino, ma l'innegabile difficoltà di questo esame, fa sì di allarmarmi e cercare di correre ai ripari, onde evitare eclatanti e giullaresche figure durante l’interrogazione) preesame, il quale ha scatenato in me uno stato di "leggera" (ovviamente fra virgolette) ansia, vi lascio intuire  che la mia famosa ispirazione “ballerina”  non ne abbia giovato particolarmente.
E purtroppo, io sono una di quelle persone che appena vede all'orizzonte un minimo segnale di incertezza, si lascia prendere da un inaudito loop di paranoie, dicesi anche volgarmente "Seghe mentali".
Quindi, cercando di abbattere questi miei “impedimenti”, ho deciso di provare a scrivere la  mia tanto promessa recensione su John Grisham.

E anche qui, dopo il mio prologo un po’ stralunato (che in effetti è  molto simile a un "volo pindarico") dovrò soffermarmi su alcune cose prima di iniziare la recensione vera e propria: pochi mesi fa analizzai il primo libro che lessi di questo autore, il quale ricordo, non mi lasciò una buona impressione e ammetto, dimenticai abbastanza facilmente.
Con "L'ultima sentenza" , effettivamente  trovai il filone dei "legal thriller" un po' consumato e ritrito.
Ebbi l'impressione quasi che l'autore non riuscisse più ad aver molto da dire, nella foga di cercare sempre di trovare sfumature diverse allo stesso, identico tema.
Poi successivamente, leggendo "Il Broker"(Il libro antecedente a quello descritto sopra) alcuni giudizi che nutrivo su Grisham, si attenuarono, ma non si dissolsero del tutto.

Una mia amica e altre persone mi consigliarono di ampliare la lettura di questo autore, provando magari a leggere opere che fossero diverse dal "thriller legale".

E in effetti, devo dire che non mi sono affatto pentita di leggerlo.
"La casa dipinta" è forse meglio  perfino di quel che pensassi, visto il mio atteggiamento prevenuto riguardo allo scrittore.
E' completamente differente come temi e ritmo narrativo rispetto ai suoi precedenti lavori e questo fatto, mi ha dato un incentivo in più a leggere questo romanzo.
La storia è ambientata negli anni ' 50, negli Stati Uniti e più precisamente, nelle campagne dell'Arkansas.
E' descritta  la fatica di una famiglia di braccianti, i Chandler,  il cui lavoro consiste nel raccogliere  il cotone.
Nel libro vengono trattate le vicissitudini famigliari e non solo, le incertezze, il bigottismo e la stretta osservanza della religione battista, elementi in equilibrio e successivamente incrinati dall'arrivo di due gruppi : quello  dei braccianti  messicani e quello di un' umile famiglia  proveniente dalla "montagna", arrivati per aiutare in modo retribuito i Chandler.
Vengono descritti i caratteri dei componenti di questo nucleo famigliare, delle persone che girano intorno a loro, la stanchezza, la brutalità che la rinuncia e la fatica  contribuisce a generare, i piccoli riti ed usanze di uno scorcio di Stati Uniti dell'immediato dopoguerra.
Ma prima di tutto,  la cosa che mi  ha suscitato interesse e tenerezza, è stata la voce narrante di questo romanzo: la vicenda viene completamente affidata a Luke Chandler, uno sveglio  bambino di sette anni.
Lui, bimbo  giudizioso, ma allo stesso  pieno di aspettative e piccole idealizzazioni, conduce il filo narrativo in modo assolutamente credibile.
Come mia tradizione, non mi soffermo sulla trama e a cognizione di causa,su questo libro ho detto ancora meno delle altre volte perché credo che per poterne capire ogni sfumatura e immagine evocativa, abbia bisogno di essere gustato pagina per pagina, un piacere che di certo non sarò io a togliervi, svelando troppo sulla trama.



Devo ammettere che questa volta Grisham mi ha  piacevolmente sorpreso: riesce ad entrare in modo  estremamente credibile nel mondo, nella  mente e nel cuore di un bambino di sette anni, senza calcare la mano e renderlo "più grande" di quello che è realmente.

Il ritmo di questo libro è molto più lento rispetto ad altre sue opere, oserei dire opposto a quello di certi suoi romanzi recenti, talmente veloci in certi punti, da essere a volte incomprensibili.
A me questo ritmo  è piaciuto molto,  perché fa sì di assaporare ogni  dettaglio, senza  che il lettore cada assolutamente nella trappola della prolissità e della noia. Anzi , io ne sono rimasta piacevolmente catturata, e in modo talmente convinto, da  leggere il romanzo in meno di tre giorni.









Un tema che io ho trovato molto forte e degno di nota, in questo libro è la contrapposizione fra il forte attaccamento alla durezza della vita dei campi, alla fatica, alle tradizioni e alle radici degli anziani della casa  (I nonni di Luke)  contro il desiderio di cambiamento , di progresso e di novità che le generazioni più giovani nutrono, trovando una dimensione  di monotonia in quel piccolo mondo rude(Il papà e la mamma di Luke ).
Quasi che i genitori del piccolo Chandler vogliano anche cercare  a tutti i costi di renderlo un bambino della sua età,piuttosto che un piccolo schiavo di una vita fatta di sacrifici e privazioni.

Del resto è un libro assolutamente vasto, carico di elementi talmente fitti e personali che ognuno di noi può trovare nella  vita di tutti i giorni: la diffidenza per il diverso, la mentalità ristretta e bigotta di paese, l'asprezza e la crudezza di una vita di rinunce, che a volte  può essere un pretesto per far sfociare una violenza inaudita ( nel libro, due personaggi abbastanza "agitati" per usare un eufemismo, rappresentano questa mia affermazione).


Tirando le somme, questo libro è stato scritto in uno stile molto inusuale per Grisham, che qui , trovo significativo,elegante, coerente.
Posso affermare senza alcuna remora che è il suo più bel romanzo.
Mi spiace che  il suo genere si sia ultimamente limitato al legal- thriller, perché credo che se ampliasse la varietà dei generi di scrittura, i lettori potrebbero scoprire piacevoli e splendide sorprese come questo romanzo.


Voto: 9/10


















































































2 commenti:

  1. Brava Elisa, buona recensione, convincente!!

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  2. molti autori invecchiando perdono forza u_u i giovani sono dei fuochi, si sa.

    si, quel disegno l'ho fatto io! yap! >O<

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